|
|
I quarzi di Selvino
si trovano dispersi all’interno dello straterello di materiale
sedimentario (frammenti di rocce, materiale organico, argille)
di età quaternaria che ricopre le rocce mesozoiche (Dolomie
Principale, 220-210 milioni di anni; Scisti e Calcari marnosi,
210-205 milioni di anni) sulle quali sorge il comune di Selvino
(BG).
I cristalli di quarzo (formula chimica SiO2) si presentano in
esemplari idiomorfi da pochi millimetri a qualche centimetro,
generalmente sono ben conservati anche se numerosi sono i cristalli
incompleti. Saltuariamente si trovano dei frammenti di qualche
centimetro i quali lasciano intuire che il cristallo originario
poteva raggiungere anche il decimetro di lunghezza. L’abito
è bipiramidato con il prisma centrale che può essere
da poco a molto sviluppato, per questo si possono trovare cristalli
tozzi (simili a delle gocce di vetro) oppure dei cristalli molto
slanciati (simili a bastoncini). |
|
La diversa morfologia dei cristalli
è una conseguenza delle condizioni chimico-fisiche (temperatura,
potenziali chimici, spazio a disposizione) che si sono realizzate
durante la crescita del cristallo. In generale, quanto più
un cristallo è ben formato e di grandi dimensioni tanto
più le condizioni di cristallizzazione si sono mantenute
stabili e omogenee per lunghi periodi di tempo (tempo geologico,
da centinaia a migliaia di anni). Infrequentemente si ritrovano
cristalli compenetrati gli uni negli altri a formare delle tipiche
configurazioni a “Y”. Si tratta di cristalli geminati,
le cui modalità di crescita risentono di piccole variazioni
molto localizzate delle condizioni chimico-fisiche di cristallizzazione. |
L’assenza di depositi vulcanici nel
territorio selvinese scarta l’ipotesi di un’origine
vulcanica dei preziosi cristalli, ancorchè nell’immaginario
collettivo permanga la leggenda dell’esistenza di apparati
vulcanici in zona. Questa leggenda nasce dall’errata interpretazione
di quelle forme a imbuto ritrovabili ancora sul territorio di
Selvino. Si tratta delle doline, dei veri e proprie “buche”
coniche che si generano per progressiva dissoluzione dei substrati
rocciosi (carsismo) a componente carbonatica. Questi forme infatti
furono anticamente interpretate come vulcani spenti ma il rilevamento
geologico della zona ha messo in evidenza la presenza di rocce
suscettibili ad attività carsica. L’osservazione
di dettaglio delle rocce fornisce gli indizi sul processo che
ha generato le cosiddette “stelle di
Selvino”. I volumi di roccia dolomitica e calcareo-marnosa
sono talora interes sate da una microfratturazione in corrispondenza
delle quali compaiono delle vene biancastre (silicizzazione). |
|
Questi riempimenti altre volte
hanno geometrie meno regolari interessando volumi centimetrici-decimetrici
di forma approssimativamente circolare od ovale nei quali si possono
distinguere dei cristalli con una grana risolvibile ad occhio
nudo. Nei casi più fortunati questi volumi ospitano cristalli
di quarzo bipiramidato integri, in associazione con cristalli
romboedrici di dolomite e/o calcite. Queste fasi mineralogiche
possono essere immerse in una matrice nerastra grafitica che può
aver avuto un ruolo fondamentale nel processo di crescita dei
cristalli. Non a caso molte “stelle di Selvino” sono
nere a causa dell’intrappolamento di questo materiale carbonioso
dentro il reticolo cristallino durante la crescita. |
Dando un’occhiata a più grande
scala del substrato roccioso di Selvino, si nota che esso è
interessato da sistemi di faglia non più attivi lungo i
quali si è avuta dislocazione delle masse rocciose. L’attività
tettonica, da ascriversi all’orgenesi alpina, si accompagna
a fenomeni di microfratturazione, di mobilizzazione di fluidi
caldi (T>200°C) mineralizzanti che possono circolare all’interno
delle fascie di roccia brecciata e rilasciare nel tempo le sostanze
chimiche disciolte, generando cristallizzazioni. Nel caso dei
quarzi di Selvino, fluidi mineralizzanti a chimismo acido per
l’elevato contenuto di silice disciolta (SiO2) permearono
i volumi rocciosi mesozoici durante le fasi di tettonizzazione
alpina, potendo inoltre espletare un’azione corrosiva nei
confronti delle rocce calcareo-dolomitiche. Oltre al riempimento
di fratture si generarono delle cavità (geodi) dove il
ristagnamento di fluidi consentì un lento raffreddamento
e una graduale crescita dei cristalli. |
|
La genesi delle “stelle
di Selvino” è quindi di ambiente idrotermale. Ovviamente
i cristalli di quarzo che troviamo dispersi nel terriccio hanno
un’età inferiore a quelle delle rocce nelle quali
si sono generati. Il loro accumulo nel terreno non è altro
che una conseguenza della lenta alterazione, dissoluzione della
matrice rocciosa nella quale sono contenuti.
|
Scritto da FABIO COLPANI |
|